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Da sempre la tradizione culinaria dell’Appennino Bolognese incarna appieno l’identità del territorio.
Si tratta di una cucina semplice, fatta di ingredienti poveri, che profuma di casa e di ricordi, di tavole imbandite e convivialità. Ma che, soprattutto, è ricca di gusto.
Partendo dai prodotti che questo meraviglioso scenario naturalistico offre, non si può non citare il ricco patrimonio di erbe spontanee,in particolar modo il tarassaco.
Adoperando le foglie di questa pianta, lessate e ben strizzate, si possono realizzare delle golosissime polpette, gioia per il palato di grandi e piccini.
Tra i piatti che però, identificano al meglio l’Appennino Bolognese rientrano senz’altro le tigelle. Anche se universalmente conosciute con questo nome, la loro denominazione originale è “crescente”, la tigella è in realtà lo stampo nel quale venivano originariamente cotte.
Si tratta di un impasto molto semplice a base di farina, acqua, latte, sale, lievito e strutto che, dopo essere stato adeguatamente lavorato, viene sottoposto ad una triplice lievitazione.
Una volta lievitato poi, viene suddiviso in piccole focaccine cotte in stampi di alluminio o ghisa.
Dagli stessi ingredienti si ricava un altro dei piatti iconici dell’Appennino, le crescentine fritte. Rispetto alle tigelle, le crescentine non necessitano di alcun tipo di lievitazione.
L’impasto viene tirato in una sfoglia non troppo sottile, da cui si ricavano dei dischetti o quadrati che vengono poi fritti o nello strutto, come da tradizione, o nell’olio. Consumate con salumi, formaggi e sottaceti sono una vera delizia!
Borlengo o zampanella? In Appennino Bolognese a prevalere è la seconda denominazione.
Per realizzare questa sorta di crepe, molto sottile e croccante, si prepara una pastella a base di acqua, farina, uova e sale che viene poi fatta colare in padelle di diametro compreso tra i 45 e i 47 cm.

A differenza del borlengo, la farcitura originaria della zampanella prevede un trito a crudo di pancetta e salsiccia fatto macerare con spezie e aromi, che viene poi amalgamato al parmigiano.
Una volta cotta, la zampanella viene farcita e ripiegata assumendo la sua tipica forma a ventaglio.
Questa prelibatezza è stata insignita, nel 2018, col titolo di prodotto agroalimentare tipico.
Passando ai primi piatti oltre alla pasta ripiena, in particolar modo tortellini e tortelloni, e alle classiche tagliatelle, esiste una ricetta della tradizione contadina che ancora oggi viene riproposta dalla chef Lucia Antonelli nel suo ristorante.
Si tratta degli strapponi con sugo di cipolle, un piatto in cui la classica sfoglia tirata al mattarello viene letteralmente strappata e messa a bollire in acqua salata per poi essere avvolta da un succulento sugo a base di cipolla.
Altro piatto interessante è la torta grassa castiglionese. Preparazione tipica dei giorni di festa, la torta grassa può essere considerata un piatto unico. Si tratta di una sorta di sformato in cui al riso, precedentemente lessato, vengono aggiunti pancetta, salsiccia e trito di manzo, parmigiano reggiano e uova. Dopo una cottura in forno di circa 30 minuti la torta è pronta da gustare.
Un pranzo, degno di essere chiamato tale, deve necessariamente concludersi con una delle golosità dell’Appennino Bolognese. Tra i dolci tipici ricordiamo le pesche dolci, un tenero incontro tra due sfere di biscotto morbido bagnate nell’alchermes e poi ripassate nello zucchero.
Ma anche la Carsenta da l’Ua, preparazione tipica delle festività natalizie che cela al suo interno un ingrediente segreto.
Menzione a parte, merita la torta di riso, regina indiscussa dei dolci dell’Appennino. Un tempo preparata in occasione dell’ascensione della Madonna di San Luca a Bologna, la torta di riso è una vera e propria istituzione della pasticceria appenninica.