I prodotti legati alla montagna e ai ritmi delle stagioni sono i fondamenti della cucina dell’Appennino Bolognese, contraddistinta da gusti semplici e succulenti. Qui, la tradizione bolognese si fonde perfettamente con le materie prime dell’alta quota, portando in tavola una tavolozza di sapori naturali e assai gustosi. Prodotti del bosco come castagne ed erbe spontanee, salumi e cacciagione, ma anche formaggi gustosi come il Parmigiano Reggiano di montagna, sono i primi ingredienti della tradizione gastronomica montanara.
AUDIOGUIDA
Il valore della castagna
I boschi dell’Appennino Bolognese racchiudono tesori nascosti come castagne e marroni. La coltivazione del castagno affonda le sue radici nell’antichità, più precisamente nel profondo Medioevo, e trova nella Gran Signora Matilde di Canossa una figura strategica per la diffusione di questa coltura. La nobildonna, infatti, per sostentare le popolazioni di montagna sempre in lotta con la fame, incentivò concretamente la coltivazione del castagno, creando piantagioni ancora identificabili a quasi mille anni di distanza e oggi tutelate come patrimonio storico e culturale.
La produzione locale si fregia di importanti certificazioni di qualità, come il marrone biondo dell’Appennino Bolognese, tutelato e valorizzato dal Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese, e la castagna fresca e secca di Granaglione, prodotto “PAT – Prodotto Agroalimentare Tradizionale” riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Le castagne vengono raccolte a partire da ottobre ed essiccate con fuoco di legna preferibilmente di castagno nei tradizionali “metati”, dei piccoli edifici tradizionalmente in pietra, quindi macinate per ottenere un’ottima farina dolce. La farina di castagne è particolarmente adatta alla preparazione di appetitose ricette della cucina dell’Appennino bolognese, come il celebre castagnaccio, un dolce unico e prelibato che rappresenta la vera torta dei montanari. In pochi conosceranno, invece, i necci, una sorta di schiaccia morbida, ottenuta dall’impasto di farina di castagne con acqua e sale, cotte fra due foglie di castagno e poste nel testo di cottura (da gustare coi salumi). E ancora, le frittelle dolci, fatte semplicemente con farina di castagne, acqua e sale, quindi fritte in strutto bollente.
L’Associazione dei Castanicoltori Alta Valle del Reno, grazie al recupero di antichi seccatoi, può garantire la sopravvivenza della filiera della farina di castagne. Una volta seccate, infatti, le castagne fanno un breve viaggio verso i mulini ancora in attività per essere macinate e trasformate così in farina. Le pregiate castagne di Granaglione, insieme al farro, sono anche l’ingrediente base dalle birre artigianali prodotte dal birrificio Beltaine.
Vuoi provare un primo piatto speciale? Clicca qui per la ricetta degli scrigni di castagne!
Le castagne anche per i secondi? Certo! Clicca qui per la ricetta dell’arrosto di capocollo con prugne e castagne!
Lo zuccherino montanaro, dolcezza dell’Appennino Bolognese
Lo zuccherino montanaro è un dolce di pasta frolla glassata, caratteristico della cucina dell’Appennino Bolognese. Veniva preparato in particolare, in occasione dei matrimoni per la loro forma rotonda assai simile alle fedi nuziali.
Lo zuccherino montanaro è un biscotto a base di farina e uova, caratterizzato dalla presenza nell’impasto di semi di anice o aroma naturale di anice e ricoperto da una glassa composta essenzialmente da zucchero e liquore di anice. Ha una forma circolare di diametro compreso tra 4 e 8 centimetri e spessore, dopo la cottura, variabile tra 2 e 3 centimetri. La glassa si presenta uniforme su tutta la superficie del biscotto, conferendogli un colore bianco candido e il caratteristico aroma di anice. La pasta risulta compatta, in modo che la glassa si depositi sulla superficie senza essere assorbita eccessivamente.
Clicca qui per la ricetta degli zuccherini!
L’introvabile salmerino del Corno alle Scale
Pur con qualche difficoltà, dovuta alla chiusura forzata delle antiche peschiere dell’allevamento di Lizzano in Belvedere, il salmerino di Corno alle Scale è ancora reperibile in loco.
Questo salmerino si distingue per la livrea sgargiante: le pinne sono orlate di bianco, il dorso è bruno striato di giallo o di verde olivastro, mentre i fianchi sono punteggiati di giallo o di rosso con un alone di azzurro. Le sue carni sono bianche, compatte e prelibate. Le ricette che ne esaltano al meglio il sapore fine e delicato sono il carpaccio o la cottura al cartoccio.
Le colline dell’Appennino Bolognese offrono anche vini eccellenti di grande tradizione. Un posto d’onore lo vanta il Pignoletto, originato da un vitigno autoctono a bacca bianca, mentre i vini rossi DOC sono Barbera, Cabernet Sauvignon e Merlot.
Il Re dei Formaggi
Il Parmigiano Reggiano DOP è il prodotto caseario più famoso dell’Appennino Bolognese, unito alla ricotta di vacca e alle caciotte fresche o di breve stagionatura. Sul territorio sono presenti anche diversi allevamenti ovini, dove si producono e vendono direttamente ricotta e formaggio ovino. Il pecorino dell’Appennino ha forma cilindrica, crosta molle, liscia o rugosa e di colore bianco. Il sapore è leggermente piccante, matura in 40 giorni in ambiente areato, mentre la stagionatura richiede circa un anno in ambiente fresco a temperatura costante.
All’arte casearia si affianca poi la lavorazione della carne suina, fiore all’occhiello del Bolognese.
Il patrimonio delle erbe spontanee
Il territorio del Corno alle Scale si rivela un luogo ideale per la raccolta delle erbe spontanee. Lungo il bordo dei torrenti o più in alto, dove i prati cedono il passo a cespugli ed arbusti, si possono trovare numerose specie dalle interessanti proprietà salutari, come il timo, molto utilizzato anche in cucina per arricchire arrosti, piatti a base di pesce, ma anche per regalare il suo caratteristico profumo a zuppe o condimenti. Questa pianta aromatica cresce su un suolo roccioso e ben assolato e i suoi usi terapeutici sono molti: viene impiegato infatti come digestivo, ma risulta molto efficace anche contro le infezioni alle vie urinarie e per alleviare le infiammazioni dell’apparato respiratorio, grazie alle sue proprietà balsamiche e fluidificanti.
I fiori violetti della santoreggia, altrettanto odorosi, impreziosiscono i prati nella stagione estiva.
Più familiare il rosmarino, con il suo inconfondibile odore intenso, capace di arricchire pietanze appetitose, o la salvia, pianta sacra della longevità e così chiamata proprio per le sue virtù curative, tanto potenti da poter restituire il benessere a chi se ne serviva.