Le ricette non sono solo il canovaccio da seguire per realizzare grandi piatti, o per imbastire il menù per una cena tra amici: sono un vero e proprio patrimonio da salvaguardare e dietro ogni ricetta scritta a mano ci sono storie incredibili. Per una storica come Mila Fumini, specializzata in ricerche di archivio, i ricettari domestici scritti a mano sono documenti preziosi, capaci di illustrare culture, relazioni e tradizioni; ecco perché ha deciso di realizzare un archivio digitale dei saperi culinari, dove decenni di tradizione italiana, fatta di ricette e aneddoti del passato, si fondono con il web.
Ma facciamo un passo indietro. Ho incontrato Mila Fumini per porle qualche domanda, iniziando dalla più ovvia: come è nata l’idea di Ragù-Reti e Archivi del Gusto?
“Se devo essere sincera, è nata per caso, nel mio tempo libero. Stavo sgomberando la cantina di un’amica, quando ecco che salta fuori il classico scatolone del precedente inquilino, evidentemente pieno di cose futili, che non aveva voglia di portare con sé. Ne sondai subito il contenuto: scontrini, ricette mediche, quaderni con ricette di famiglia e conti. Per me un patrimonio pazzesco, estremamente emozionante. Dato che provengo da vent’anni di studi relativi a fonti del ‘500-‘600, in particolare di donne semi-colte – “egodocumets”, come vengono chiamati in letteratura – non mi capacitavo di come un simile tesoro fosse stato abbandonato senza indugio in quella cantina, passata poi ad altra proprietà, e come anche l’attuale lo ritenesse futile. Le chiesi perché lo trovasse così poco emblematico e la risposta fu “Perché non sono mie”.
Dalla cantina all’archivio digitale di Mila Fumini
Lo scatolone viene quindi gettato via, ma nella testa di Mila un tarlo si fa sempre più strada. Casualità vuole che la protagonista del nostro racconto sia costretta a fermarsi per un lungo periodo in casa con la madre, romagnola doc, per la quale il cibo è linguaggio, simbolo, liturgia. Il vivere nuovamente questa dimensione genera una crasi e le domande si fanno sempre più assidue, ma tutte convergono in un solo, risonante quesito: quante persone buttano via questi quaderni non loro?
“Mi sono informata e resa così conto che non esistevano studi di questo tipo. Ve n’erano sui ricettari di donne posteriori all’Artusi, le quali , come Ada Boni, o Petronilla (lo pseudonimo di Amalia Moretti Foggi, medico pediatra che dal 1928 dispensò consigli culinari su La Domenica del Corriere, ndr.), ma che si preoccupavano, parallelamente, di insegnare anche gli accorgimenti per l’ottimizzazione dell’economia domestica (si era negli anni dello sviluppo del fascismo!) Poi ci sono tutti dei ricettari maschili che, però, dopo Artusi non hanno lo stesso successo. Perché? Perché Artusi non è un cuoco, ma un godereccio che fa provare le ricette alla Marietta. Lui, fondamentalmente, è stato il precursore dei blog di cucina, raccoglieva ricette da tutta Italia, facendosele spedire. Perché queste famiglie, quindi, preferivano scrivere un loro quaderno, anziché attingere da queste fonti già scritte? Per capire bene il tutto, dovevo raccoglierle. Volevo le ricette di famiglia dal secondo Dopoguerra agli anni Ottanta. Tanto, tantissimo materiale che non avrei saputo come e dove conservare: ed ecco l’esigenza di un archivio elettronico”.
La ricerca delle ricette storiche, il secondo passo
Mila Fumini si propone quindi di lanciare una call per ritrovare quelle fonti, con l’idea di restituirle ai legittimi proprietari, rimarcando così la loro preziosità. La richiesta arriva al pubblico tramite i giornali, le ricette piovono, l’esigenza di farle convogliare su un archivio digitale si fa sempre più impellente. Viene coinvolto, prima di tutto Massimo Mezzetti, all’epoca Assessore alla Cultura della Regione Emilia Romagna, e poi Matteo Lepore, allora Assessore alla Cultura del Comune di Bologna, che aiuta Mila ad organizzare una conferenza stampa. Il tam tam mediatico si intensifica e il progetto Ragù – Reti e Archivi del Gusto inizia a entrare nelle cucine dei bolognesi, i quali lasciano i fornelli per andare a scavare tra gli scaffali, negli scatoloni in soffitta o in cantina, nelle case delle nonne… “Ora queste ricette sono tutte digitalizzate in alta risoluzione, metadatate e ora le monterò in questo sito navigabile, in cui ogni fonte è correlata all’altra”.
Ho un dubbio: ma si riesce a risalire alla data in cui una ricetta è stata messa nero su bianco, a mano? “È molto interessante perché queste ricette, spesso, sono appuntate sulle classiche agende donate delle banche ai suoi clienti, quindi riesco spesso a risalire all’anno in cui sono state scritte. Una cosa molto interessante accade dal Dopoguerra fino agli anni Sessanta: ci sono dei quaderni in bella grafia che, secondo me, andavano alle spose, a mo’ di corredo. Dico questo perché contengono delle ricette molto semplici, arricchite con una serie di dati, tipo “vai a comperare il baccalà nel Borgo San Giovanni da Cesare”. Questo mi ha fatto pensare che fossero quaderni di corredo per classi sociali molto povere. Le scritture semicolte sono ancora più potenti di altre fonti perché descrivono la storia dal buco della serratura: nessuno si sognerebbe mai di raccogliere le testimonianze della sartina che abitava nel borgo di pescatori di Rimini negli anni Cinquanta”.
Io resto sempre più affascinata da questo bottino che Mila Fumini ha pazientemente raccolto e che sta per restituirci. A tutti, dico, perché si tratta di un archivio di storie locali, tradizioni, dialetti, riti. E tutti le dobbiamo dire grazie perché, senza un lavoro simile, molte, troppe informazioni sulla cucina tradizionale italiana e sulla socialità legata al cibo andrebbero perse.
Per intraprendere questo progetto, Mila Fumini ha potuto contare anche sul supporto di Luca Cesari, storico della cucina e firma del Gambero Rosso; li troverete entrambi per un approfondimento sulle loro ricerche alla quarta edizione di Cibò. So Good! – Il Festival dei Sapori d’Italia, l’appuntamento che riunisce cultura, arte e passione per il gusto, in scena a Palazzo Re Enzo, nel cuore di Bologna, dal 22 al 24 aprile.