La cornice è quella del Parco Nazionale del Pollino, l’area protetta più vasta d’Italia.
Qui, tra natura incontaminata e paesaggi selvatici trova spazio la coltivazione di un prodotto davvero particolare: il fagiolo Poverello Bianco. Un’eccellenza territoriale tutt’altro che povera!
Sin dai tempi più remoti, infatti, il fagiolo Poverello Bianco ha rappresentato una fonte di sostentamento per la popolazione della zona, tanto da essere soprannominato “carne dei poveri”.
Coltivato nel cosentino, tra Mormanno, Laino Borgo, Laino Castello, Tortota e Aieta, il “fasulu puvireddu iangu” è un concentrato di naturalezza e benessere.
E non solo per il suo elevato contenuto proteico che lo rende un validissimo concorrente della carne o del pesce, ma soprattutto perché viene coltivato senza l’utilizzo di fertilizzanti chimici di sintesi
Le caratteristiche e la lavorazione manuale
Il fagiolo Poverello Bianco è un ecotipo locale che si caratterizza per il seme bianco di forma ovale, la buccia liscia e priva di screziature e bassa percentuale di tegumento da cui deriva l’alta digeribilità.
La coltivazione avviene ancora nel rispetto dei dettami della tradizione.
La semina viene fatta nel periodo di Sant’Antonio, sia in segno di devozione al santo, ma anche perché, secondo alcuni agricoltori, si riduce la possibilità che la pianta sviluppi il tonchio.
Trattandosi di un rampicante, vengono adoperati legni di castagno per realizzare dei paletti di sostegno su il fagiolo Poverello Bianco ha modo di crescere e svilupparsi.
La raccolta dei baccelli avviene in ottobre. Dopo questa fase vengono esposti al sole sulle grate di legno i “cannizzi”, e quindi collocati in sacchi di iuta in cui vengono battuti manualmente per ottenere la granella secca.
A questo punto il fagiolo viene separato dal baccello e sottoposto a controlli manuali tramite l’utilizzo del setaccio. Essendo un prodotto estremamente versatile e sostenibile, la buccia trova nuova vita nel campo alimentare e della cosmesi.
Il fagiolo Poverello Bianco è quindi pronto per essere valorizzato e gustato al meglio dai consumatori.
Utilizzi in cucina
Per preservarne al meglio le caratteristiche, il fagiolo Poverello Bianco va cotto lentamente preferibilmente in pentole di terracotta. Oltre alla classica pasta e fagioli, da preparare rigorosamente con i tubetti (formato di pasta tipico della Calabria), questa varietà di fagiolo si presta alla preparazione di minestroni, creme ed insalate.
Inoltre, grazie ad una sua riscoperta negli ultimi anni, molti chef lo adoperano per la realizzazione di piatti gourmet proprio per il suo gusto delicato e leggero.
Un nuovo presidio Slow Food
Teresa Maradei, referente Slow Food, racconta di essere rimasta colpita da questo prodotto nel 2014. Si trovava infatti nel Parco Nazionale del Pollino, nell’ambito di un progetto di segnaletica, quando il fagiolo Poverello Bianco è diventato oggetto di interesse da parte di alcuni ricercatori.
Questo è stato il punto di inizio per la riscoperta di questa varietà e ha spinto numerosi agricoltori a recuperarne la coltivazione, fino ad arrivare alla conquista del titolo di presidio Slow Food che ha così portato a quota 9 i presidi della Calabria.
Come ha spiegato Domenico De Luca, referente dei sei produttori del Presidio, la tecnica di coltivazione di questa varietà storica permette di non sfruttare eccessivamente il terreno.
Con una produzione attuale che si attesta attorno ai 20-30 quintali e una richiesta sempre più ampia del fagiolo Poverello Bianco, l’auspicio è che l’interesse da parte degli agricoltori, nel recupero di questa varietà, possa aumentare trasformando questa eccellenza in un prodotto di punta per l’economia della regione.