Incastonata tra due vallate a nord della Basilicata, Venosa, comune in provincia di Potenza, ospitante circa 12.000 cittadini, è annoverata tra i borghi più belli d’Italia.
Le sue origini risalgono al 291 a.C., anno in cui i Romani, riuscendo a sottrarla ai Sanniti, la trasformarono in un sito che rendesse loro facile il controllo della Valle dell’Ofanto e della Via Appia. Il fascino di questo borgo è già rintracciabile nell’origine del suo nome. I Romani, infatti, dopo averle conferito il titolo di “municipium” dedicarono la città – che in quell’epoca aveva il nome di “Venusia” – a Venere, dea dei vinti.
A questa stessa fase va fatto risalire un evento che avrebbe lasciato una forte impronta su Venosa: la nascita del poeta romano Quinto Orazio Flacco che non manca di celebrarla nella sua Ars Poetica e al quale è dedicata una statua che si erge nel cuore della cittadina.
Il centro del borgo è dominato dalla presenza del maestoso castello del Pirro del Balzo, edificato nel 1470 da Pirro del Balzo, caratterizzato da quattro torri cilindriche che ne determinano la pianta quadrangolare. All’interno del castello sorge il Museo Archeologico Nazionale di Venosa in cui sono custodite numerose lapidi con iscrizioni in ebraico, testimonianza della presenza di una comunità ebraica nel periodo alto-medievale.
Romani, Ebrei, ma anche Longobardi e Normanni, una mescolanza di culture che risulta ben visibile in uno dei siti monumentali più importanti della città, il Complesso della SS Trinità le cui origini sono ancora incerte. Situato alle porte di Venosa, si compone di una chiesa consacrata nel 1059 e di un’abbazia rimasta incompiuta ma non per questo meno suggestiva da un punto di vista architettonico. La presenza di materiali provenienti da altri monumenti, rendono l’Incompiuta (nome con cui l’abbazia è nota) un piccolo scrigno custode di tesori e culture in cui le atmosfere oniriche si fondono con la realtà.
Il Vulture Melfese è anche terra di convivialità e di tradizione ed ospita uno dei vitigni più pregiati e antichi d’Italia, quello dell’Aglianico del Vulture DOC. Introdotto dai Greci attorno al VI/VII sec. a.C., tra le colline che si insinuano nei terreni vulcanici del Vulture, deve il suo nome odierno alla dominazione degli Aragonesi che modificarono il suono della doppia elle del termine ellenico in “gl” dando vita alla denominazione Aglianico. Questo vino rosso corposo, celebrato dal poeta Orazio e reso noto dall’ampelografo Giuseppe Acerbi agli inizi del XIX sec., è caratterizzato da note fruttate e floreali (con un sentore di liquirizia) e da una trama tannica che lo rende un accompagnamento perfetto per i piatti della cucina lucana tradizionale come gli strascinati, i peperoni cruschi o ancora il caciocavallo podolico lucano DOP.
Venosa è anche meta di transito per ciclisti. Il borgo lucano infatti è una delle tappe della Ciclovia dei Borbone, un percorso ciclabile lungo circa 430 km che si estende da Bari fino a Napoli tra il Tirreno e l’Adriatico, attraversando Puglia, Basilicata e Campania.
Con il suo patrimonio di storia, tradizione ed eccellenze enogastronomiche, Venosa rientra tra le candidate a capitale della cultura italiana per il 2021. Una candidatura che, se dovesse rivelarsi vincente, porterebbe a due le città lucane insignite di questo prestigioso titolo.