Il passaggio degli Etruschi in Italia ha senz’altro segnato, in modo significativo, luoghi e tradizioni.
Fulcro delle loro attività era la Tuscia, regione dell’Italia Settentrionale compresa tra Toscana, Umbria e Lazio Settentrionale, in cui questo popolo si dedicava all’agricoltura, all’artigianato e, naturalmente, al commercio.
L’impronta di questo grandioso popolo è ancora oggi visibile in diversi luoghi del nostro Paese, come ad esempio i graziosi borghi del viterbese.
Qui, da Civita a Bomarzo, da Orte a Soriano nel Cimino è un fiorire di bellezze, storia e natura tutte da scoprire.
Civita di Bagnoregio, la città che muore
Affascinante, suggestiva e unica nel suo genere, Cività di Bagnoregio custodisce 2500 anni di storia.
Annoverata tra i Borghi più belli d’Italia , questa antica cittadina della Tuscia assunse le sue attuali sembianze nel corso del Medioevo.
In passato, il centro del borgo risultava più ampio, ma un devastante terremoto portò alla distruzione di numerosi edifici tra cui le porte.
Delle 5 che caratterizzavano Civita ne rimane soltanto una, Porta Santa Maria detta anche Porta della Cava, che funge da unico accesso al paese.
Ma perché tutti conoscono questo borgo come la città che muore? L’espressione fu coniata da Bonaventura Tecchi per sottolineare il fenomeno di erosione che caratterizza la collina su cui sorge Civita.
Ciononostante, Civita di Bagnoregio conserva un fascino ineguagliabile che fonde storia, arte e natura in un meraviglioso unicum.
Testimonianza del periodo etrusco sono la Grotta di San Bonaventura dove si narra che San Francesco guarì il piccolo Giovanni Fidanza che sarebbe poi diventato San Bonaventura.
Ma anche il cosiddetto “bucaione”, il profondo tunnel da attraversare a piedi con affaccio sulla Valle dei Calanchi.
Da visitare sono anche la Chiesa di S. Donato, Palazzo Alemanni, Casa natale di San Bonaventura, ma anche le numerose casette medievali con scalette esterne dette “profferli”.
Bomarzo, un labirinto di suggestioni
Le origini di questo antico borgo della Tuscia sono piuttosto nebulose, ma il territorio rispecchia fortemente il passaggio di Etruschi e Romani, dalla piramide alla tagliata fino alla necropoli.
La fama di Bomarzo però è profondamente legata al Parco dei Mostri conosciuto anche come Sacro Bosco.
Ideato da Pirro Ligorio, su commissione di Pier Francesco Orsini per la morte della moglie Giulia Farnese, questo luogo è un labirinto di illusioni e suggestioni.
Nei tre ettari di estensione, che alternano conifere e latifoglie, lo stile classico cede il passo al gusto per l’insolito e il bizzarro con elementi che quasi in contrasto con l’armonia della natura.
Un complesso monumentale italiano che si caratterizza per la presenza di statue, realizzate in basalto, rappresentanti personaggi e animali mitologici.
Oltre all’iconico Proteo/Gluaco, nel Parco si trovano le Sfingi, il Mausoleo, Ercole e Caco (la statua più grande del parco), la Tartaruga e la Balena, la Fontana di Pegaso, il Teatro e la Casa Pendente.
Natura e dintorni Soriano nel Cimino
Ai piedi del Monte Cimino è collocato Soriano, grazioso borgo in cui la natura si disvela in tutta la sua autenticità e bellezza.
Una vegetazione molto ricca, composta da faggi, querce, castagni e noccioli, caratterizza questo territorio particolarmente apprezzato dagli appassionati di sport all’aria aperta.

All’interno della Valle di Fosso Castello, ad esempio, si snoda un itinerario di circa 7 km percorribile a piedi o in MTB, in cui i visitatori potranno soffermarsi in vari punti d’interesse. Dai massi trachitici alla rupe, dalle grotte ricavate nella roccia vulcanica fino ai maestosi faggi secolari, trionfo della ricca biodiversità.
Non solo natura. Alla magnificenza floristica si affianca la bellezza di edifici come la Chiesa di S. Giorgio realizzata in stile romanico o Palazzo Chigi Albani, complesso architettonico davvero particolare.
Del parco che attorniava la struttura, di gusto spiccatamente italiano, è stata ripristinata una buona parte compresa l’ex cappella settecentesca già dedicata al SS. Crocifisso ed una casa colonica del XVIII secolo.
La fonte di Papacqua, realizzata sulla roccia, è alimentata da una sorgente articolata in gruppi più o meno vasti, in singole figurazioni e in decorazioni. Molto belle sono le sculture eseguite direttamente sulla pietra preesistente, con il gruppo centrale costituito da una figura femminile con i piedi di capra e un satiro sulle spalle, nota come “mammoccia”.
Alla sinistra, si trova un monumentale busto del Dio Pan e un giovane zampognaro. Di fronte all’ingresso principale un gruppo rappresentante Mosè che fa scaturire da una roccia l’acqua che alcuni seguaci si apprestano a bere.
Perdersi tra le contrade di Orte
Importante snodo dell’antica Tuscia, Orte ha adattato la sua pianta al colle all’interno del quale è incastonata.
La struttura ellittica ha dato vita all’edificazione di case che appaiano come sfalsate agli occhi del visitatore creando un curioso effetto visivo.
Ma aldilà di ciò che l’occhio può percepire ad un primo sguardo, le viscere di questo borgo nascondono una storia lunga 2500 anni.
È la Orte sotterranea, testimonianza della vita di un’epoca ormai scomparsa che trova espressione in resti come la Fontana Ipogea, il Pozzo di Cocciopesto o ancora la Cisterna di Piazza Fratini e l’Ipogeo del Vascellaro.

Una visita ad Orte non può definirsi tale senza aver attraversato le 7 contrade che nel loro insieme raccontano l’identità di questo grazioso borgo viterbese.
I più golosi, infine, potranno concedersi un assaggio del carciofo ortano il dolce tipico della Tuscia che può essere acquistato in tutti i periodi dell’anno. La forma ricorda la torta di rose, la farcitura invece è fatta con burro, zucchero e cioccolato fondente… Una vera e propria dolce tentazione!
A spasso nella Città dei Papi
Un’esperienza di viaggio nella Tuscia deve comprendere anche una visita a Viterbo.
Il suo indiscutibile fascino unito ad una posizione geografica strategica, valsero a questa località il titolo di Città dei Papi. Viterbo, infatti, nel XIII secolo divenne sede papale e lo rimase per circa 24 anni.
All’interno del Palazzo Papale, tra i monumenti più pregevoli della città insieme al Duomo, furono ospitati ed eletti diversi Papi.
Le atmosfere medievali che caratterizzano il centro storico, nel quale spiccano eleganti palazzi aristocratici e torri, si riversa anche nelle possenti cinta murarie che attorniano la città alla quale si accede attraverso 8 porte.
Di gusto spiccatamente medievale è anche il quartiere di San Pellegrino che, oltre all’omonima piazza e alla chiesa, comprende Palazzo degli Alessandri.
Articolato su 3 piani e ben riconoscibile per la facciata su cui spiccano particolari finestre, l’edificio risale al XIII secolo, uno dei periodi più floridi dell’antica città di Viterbo.
Di proprietà della ricca famiglia degli Alessandri erano anche i numerosi terreni attorno al Bullicame. Menzionata anche da Dante nel XIV canto dell’Inferno, la sorgente del Bullicame è la più nota tra le sorgenti termali ed ipotermali del bacino di Viterbo.
Le terme situate in questa zona attrassero per un lungo periodo letterati e artisti di ogni sorta, anche se durante il Medioevo attraversarono una fase di abbandono per poi tornare al loro autentico splendore durante il Rinascimento.
Dopo aver riempito gli occhi di bellezza e storia, è arrivato il momento di sedersi a tavola. E nei meravigliosi borghi della Tuscia è davvero difficile rimanere insoddisfatti!
Tutti a tavola!
La cucina è semplice e le ricette della tradizione sono realizzate con i prodotti autentici della terra. L’acquacotta della Tuscia, ad esempio, è un “comfort food” a base delle verdure di stagione accompagnato con pane tostato e olio d’oliva.
Un tempo piatto principe dell’alimentazione dei butteri, rappresenta oggi una delle ricette più iconiche di questo territorio.
I secondi piatti rispecchiano l’identità della Tuscia, alternando le carni di animali da cortile come pollo, coniglio, maiale e agnello a quelle dei pesci di lago, in particolare persico e coregone.
Il contesto boschivo dei Monti Cimini è l’habitat in cui trovano terreno fertile le coltivazioni di castagne e nocciole. Ed è proprio a partire da questi due prodotti che vengono preparati i dolci tipici di questa zona.
Dal Pangiallo, preparazione natalizia a base di frutta secca e cacao, ai maccheroni con le noci, una sorta di primo piatto ma dolce all’interno del quale vengono inserite noci, cioccolato fondente, cannella e noce moscata.
Infine non possiamo non citare i tozzetti, i golosi biscottini realizzati con la nocciola tonda gentile romana.