Con i PAU – Panificatori Agricoli Urbani – Antonio Follador condivide di certo tante idee; tra tutte, sicuramente quelle espresse nei primi due punti del loro Manifesto: “Fare il pane è un atto agricolo”, ovvero la materia prima del lavoro quotidiano, il cereale trasformato in farina, esprime in ogni impasto il legame del panificatore con la terra. E, non meno importante, “Siamo pianificatori e non solo panificatori”: il panificatore è un paesaggista, ovvero dà forma all’ambiente attraverso la scelta delle materie prime.
Ma Follador, lievitista friulano DOC, Membro dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano, e fondatore assieme ad altri del Consorzio per la Tutela del Lievito Madre da Rinfresco, è di un altro impasto. Un impasto nato in un’epoca in cui la panificazione era affidata alla GDO e la cultura sui lievitati era molto acerba e poco discussa.
Gli esordi e i cambiamenti in corsa
Il suo storico forno di famiglia nasce nel 1968 a Prata di Pordenone, dalla volontà di Lino e Angela Follador che, poco tempo dopo, aggiungono anche l’attività di pasticceria. Il 1999 è l’anno in cui il testimone passa al figlio Antonio, che abbiamo conosciuto invece quest’anno durante un altro suo importante traguardo: la partecipazione a Taste, Firenze, che nel 2023 ha traslocato dalla Stazione Leopolda all’incredibile spazio di Fortezza da Basso.
“L’anno in cui ho preso in mano il panificio è stato per me un onore e un onere. Col tempo, sono passato dal contattare gli agricoltori, raccogliere il grano e macinarlo in azienda al comprendere che era meglio delegare tutto ciò a chi, questo lavoro agricolo, davvero lo sa fare, per concentrare le nostre forze sul resto, su ciò che è la nostra competenza: l’arte dell’impasto. Per i PAU e i suoi fondatori [Davide Longoni del Panificio Davide Longoni di Milano, Matteo Piffer del Panificio Moderno di Isera -TN – e Pasquale Polito di Forno Brisa, Bologna, ndr.], io nutro moltissima stima; si tratta di un fenomeno che, nella panificazione attuale, sta avendo una grande eco e sta in effetti gettando le basi di un cambiamento. I giovani sono il motore di questa rivoluzione, stanno dando dignità al lavoro di panificatore e tutto questo è di certo una cosa positiva per il settore. Alle volte sono un po’ estremi, è una loro caratteristica. Io non sono un PAU, mi colloco a metà strada tra loro e i panificatori tradizionali”.
La rivoluzione morbida di Antonio Follador
La terza via di Antonio Follador è una rivoluzione che risulta soffice quanto i suoi lievitati. Per quest’uomo dal fascino antico e contemporaneo al tempo stesso, la valorizzazione del territorio continua ad essere importantissima, ma la sua presa di consapevolezza e, di conseguenza, di posizione, indietreggiando rispetto al fronte agricolo, ci piace e ci commuove.
“Io amo la terra e provo a valorizzare un territorio come quello friulano che, di base, è povero, ma desidero altresì rendere la panificazione più “pop”, più popolare. Ho fatto un passo indietro rispetto alla produzione diretta delle materie prime – continua Antonio Follador – per poi continuare le collaborazioni sui territori, che considero la mia via, quella adatta a me. Il Forno Follador collabora, quindi, con Molino Rachello della provincia di Treviso, mentre il farro che utilizziamo è coltivato a San Giorgio di Nogaro (UD). Spostandoci vero il Trentino Alto-Adige, poi, collaboriamo con il Molino Merano di Lana (BZ) e arriviamo fino alla Sicilia con i grani macinati da Molini del Ponte di Castelvetrano (TP), con cui facciamo un paio di prodotti. Ho scelto di lavorare unicamente con grani 100% biologici italiani e di farlo sia per il pane fresco tradizionale, sia per il prodotto gelo e in atmosfera modificata sui quali ci siamo concentrati negli ultimi anni.”
Antonio Follador, infatti, ha raggiunto, oseremmo dire, il perfetto equilibro tra tradizione, filiera certificata e ricerca tecnologica, una via che combina artigianalità e sperimentazione per ottenere risultati sempre migliori. Insomma, ciò che non deve mancare mai è la ricerca di materie prime di qualità per produrre e garantire un prodotto da forno il più buono possibile, ma senza privarsi della possibilità di commercializzare anche oltre il classico km zero.
Il pane di Follador, così, raggiunge i ristoranti di buona parte d’Italia, viaggiando in atmosfera controllata senza rinunciare a nessuna delle caratteristiche che lo rendono un prodotto di elevata qualità.
La produzione del Forno Follador
Catena del freddo, tecniche di conservazione in ATP e formazione: la linea Food Service a lunga conservabilità di Follador risponde in maniera sartoriale alle esigenze del settore Ho.re.ca proprio grazie allo sviluppo che, negli anni, ha coinvolto l’azienda e l’ha fatta arrivare all’attuale formazione: un laboratorio di 1400 mq dove lavora una team di giovani artigiani, 3 store a Pordenone – La Bottega, Il Posto e Lo Spaccio – e 1 shop online con distribuzione su tutto il territorio nazionale.
“Produciamo pane fresco per i negozi e questo stesso pane va in congelazione e commercializzato a -20°C e a +4°C con atmosfera modificata. Sono pani cotti al 90% che possono durare 365 giorni, è la mia idea di attenzione agli sprechi. Richiedono dunque una rigenerazione di circa 20 minuti, prima di passare al forno. In questa fase, la mano dello chef entra prepotentemente e determina la personalizzazione del pane stesso, che è esattamente quello che desideravo garantire. Questo prodotto è indirizzato principalmente all’alta cucina e comprende anche alcuni ristoranti stellati come Les restaurants Relais & Châteaux di Matteo Metullio e Davide De Pra, 2 Stelle Michelin 2023, Harry’s Piccolo, sempre 2 stelle Michelin di Trieste e, in passato, anche il Tivoli di Cortina”.
Ma torniamo a noi, che non apparteniamo al fine dining. Oltre al pane fresco del Forno Follador, premiato con Due Pani della Guida Pane & Panettieri d’Italia 2022 del Gambero Rosso, Antonio padroneggia in modo impeccabile l’arte della pasticceria, per il quale si affida alla farina magistrale di Agugiaro e Figna per preparare soprattutto i lievitati tradizionali delle feste. Un blend di grani studiato assieme al produttore stesso, con intervento dei mastri pasticceri Anna Sartori e Oscar Pagani, senza aggiustamenti di glutine, e macinati singolarmente.
Due sono le innovazioni della bottega Follador di quest’anno: la prima è la rivisitazione della classica venexiana che verrà proposta con il mandarino candito di Ciaculli e gianduia piemontese di Gobino. La seconda è “L’Ovo Glacé e Albicocca”, un lievitato con la forma di uovo di Pasqua, farcito con cioccolato al latte e albicocche tonde di Costignole.
“Si tratta di un’albicocca candita col nocciolo all’interno, quindi ha quel sentore di mandorla che si mescola molto bene con la dolcezza e l’acidità dell’albicocca. Per il cioccolato, invece, abbiamo scelto l’equatoriale di Varrona. Lo glassiamo quindi con il cioccolato, poi lo ricopriamo con mandorle caramellate, a bastoncino, e poi lo ricopriamo nuovamente con uno strato di cioccolato al latte.”
Non resta dunque che andare a trovare Antonio Follador nei suoi store, oppure ordinare i lievitati di Pasqua sul suo shop online senza alcuna forma di reticenza, aggiungendo al carrello le altre infinite bontà presenti, su tutti il pane, le pizze, le focacce e ancora dolci e biscotti per tutti i giorni.