Non disperate se ancora non avete avuto modo di visitare la cittadina di Alba in occasione della 92^ Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba: avete tempo fino al 4 dicembre per aggirarvi tra i molti stand che animano il centro storico della capitale delle Langhe, e cogliere questa ghiotta occasione per un viaggio nel gusto!
Il lungo weekend di Ognissanti è stato per noi l’occasione perfetta per scoprire le Langhe, tra degustazioni di rinomati vini e cene luculliane, anche home made, con i prodotti del territorio acquistati ai banchi dell’esteso mercato di Alba, concedendoci il lusso di assaporare il pregiato tartufo bianco scegliendolo tra i vari esemplari presenti sul tavolo della cucina di un tartufaio locale.
Vi raccontiamo ogni dettaglio del nostro fine settimana in questo articolo e ci auguriamo che possiate concedervi una gita in queste zone meravigliose proprio in questo periodo, in cui il re dell’ipogeo domina sulle tavole langarole.
Il mercato di Alba, uno scrigno di eccellenze locali
Dopo aver tuffato assonnati un pain au chocolat nella tazza colma di caffè, scatta un breve ma intenso tour tra le stradine affollate di Alba, nel giorno in cui i banchi del mercato invadono ogni angolo del suo centro storico. Passiamo accanto allo store di Alberto Marchetti che ci fa tornare in mente il suo squisito zabaione, dolce preludio al nostro viaggio nel gusto che sta per iniziare.
Il mercato di Alba è un’istituzione: si svolge tutti i sabati mattina (il mercoledì è in versione ridotta), convogliando moltissimi piccoli produttori per vendere le loro prelibatezze; basti pensare che, su 200 banchi, più di 50 sono agro-alimentari. I prodotti ortofrutticoli colorano di autunno Piazza Urbano Prunotto, mentre in Piazza Elvio Pertinace si svolge il Mercato della Terra, con i piccoli produttori e i contadini selezionati nel raggio di 50 km, secondo i principali criteri di qualità indicati da Slow Food.
Abbiamo la fortuna di capitare proprio nel sabato in cui si somma a questo tripudio di eccellenze locali anche la quinta mostra mercato del Consorzio Cascine Piemontesi e Confagricoltura Cuneo che tocca piazza Garibaldi, via Cavour e piazza San Francesco. Tra Nocciole Piemonte IGP, zafferano, farine, vini DOC e DOCG del Cuneese, formaggi, riso e salumi, ritroviamo anche il porro di Cervere che già avevamo conosciuto al Salone del Gusto di Torino, a settembre, e ci tuffiamo con entusiasmo nella vastissima produzione casearia piemontese. Senza indugio, ci appropriamo di una candida forma di Robiola di Roccaverano DOP, solo capra, anche se la versione misto vacca non ha nulla da invidiarle, e la conserviamo per servirla all’ora dell’aperitivo assieme al Salame al Barolo dell’AgriSalumeria LUISET.
Prima tappa enoica nelle Langhe: La Morra e la storica cantina Mascarello
Il borgo La Morra è famoso in tutto il mondo per la produzione del Barolo e noi lo sapevamo bene! Arriviamo infatti puntualissimi nel borgo, pronti per immergerci nella degustazione che abbiamo prenotato con largo anticipo presso la cantina Mascarello; una full immersion nei corposi vini rossi delle Langhe guidata da Fabio, il figlio di Umberto Mascarello che, dalla sua dipartita, ha preso le redini dell’azienda assieme alla moglie.
Visitiamo gli ambienti in cui il nettare degli dei è lasciato a riposare in grandi botti di rovere e nei tonneaux, prima di sederci a tavola e iniziare il nostro viaggio fra i tannini. Fabio, però, ci tiene a farci assaggiare anche l’ultimo arrivato in casa Mascarello, uno Spumante Brut Metodo Classico D.O.C.G. 2018 “Alta Langa”, e un Roero Arneis D.O.C.G. 2021, prima di condurci per mano tra i famosi rossi della zona.
Nell’ordine assaggiamo una giovane Barbera d’Alba D.O.C. 2021 seguita da una più matura Grandeur D.O.C. 2020 la quale, seppur lungamente affinata in tonneaux e bottiglia, mantiene una deliziosa freschezza al naso e al palato; invade poi il calice la sorella maggiore, sempre Barbera D’Alba, ma questa volta del 2018, seguita da un Nebbiolo D’Alba D.O.C 2020 (in etichetta “MMXX”). Finiamo il percorso con l’indiscusso re della cantina, che occuperà poi una parte del nostro bagagliaio: sua maestà il Barolo D.O.C.G 2018. Ineccepibili su tutta la linea.
L’incontro fra Piemonte e Liguria all’Osteria del Diavolo
Non c’è modo di esser parchi, seduti a questo desco. Con il menù in mano, ogni tentativo di misurare i passi viene stroncato sul nascere e ci si ritrova a ordinare il bis di quei Plin Astigiani alle tre Carni Carni con il Midollo di Manzo nell’Osso Gratinato al Parmigiano, senza provare vergogna alcuna.
Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel cuore del centro storico di Asti, nei locali che un tempo erano la sacrestia della adiacente ex Confraternita di San Michele, oggi sede della associazione no profit “Diavolo Rosso”, dove andremo a sorseggiare un bourbon dopo cena. L’Osteria del Diavolo, però, non si macchia di alcun peccato a discapito del suo nome, anzi: il solo desiderio è di dedicarle un posto fra i beati, nella rosa di coloro che sanno trattare con cura non solo delle straordinarie materie prime, ma anche i commensali.
Restiamo incantati di fronte al Midollo di Madama Bianca, Battuta di Fassona e Tuorlo, seguito da una Guancia di Razza Piemontese al Nebbiolo con Crema di Patate e Rosmarino. Chi sceglie di respirare la brezza del Golfo del Tigullio, lo fa a ragion veduta: già dai primi bocconi, i Testaroli Mazzancolle e Calamaretti con Basilico e Pinoli spianano la strada a un eccezionale Ciuppìn, mentre chi ha optato per l’Asado alla Ligure non riesce a cederne nemmeno una forchettata al resto degli astanti. Si sfiora la perfezione con i dolci, su tutti il Tortino Fondente Al Cioccolato Chontalpa di Gobino. E la nota più dolce ce la riserva il conto, lieve come una carezza per una cena a dir poco sostanziosa, sempre accompagnata da una selezione di ottimi vini della zona.
Calici di conoscenza a Tenuta Olim Bauda
Il miglior modo per conoscere un vino è visitare la sua terra e scoprire la storia delle persone che lo producono. Per questo, abbiamo scelto di prenotare visita guidata e degustazione in due cantine a poca distanza l’una dall’altra: Tenuta Olim Bauda a Incisa Scapaccino ed Erede di Chiappone Armando a Nizza Monferrato, sempre in provincia di Asti. Due cantine molto differenti tra loro, ma alquanto interessanti, specialmente per la narrazione che viene fatta con dovizia di particolari in vigna e ad ogni sorso. La prima crea dei vini importanti in una location altrettanto importante: siamo ospiti nella Tenuta dei Bauda, divenuta dimora del Tenore Giovanni Battista De Negri a fine Ottocento e dal 1961 proprietà della Famiglia Bertolino; una villa immersa nei vigneti coltivati a Barbera, ma le vigne non sono solo qui: sono sparse su 5 diversi comuni delle Langhe, ognuno con un terreno specifico per ogni vitigno piantato. Sono appezzamenti di famiglia e in famiglia restano anche tutte le fasi della produzione, seguite e svolte personalmente da Dino, lo stesso che ci condurrà per mano in questo primo appuntamento al buio con i suoi vini.
Non vogliamo dilungarci troppo, né addentrarci in lunghe e contorte disquisizioni organolettiche dei suddetti vini per le quali non abbiamo sufficienti competenze. Quello che, sì, sappiamo dirvi con certezza e senza mezzi termini è che le cose le fanno davvero bene. La giovane Barbera senza affinamento in botte è eccezionale, il Nizza elegante e complesso, ma il vero pregio di questa giornata è la conoscenza di due vitigni autoctoni che ci hanno stupiti: il Grignolino e la Freisa. Il primo è uno dei più antichi vini piemontesi, il cui nome deriva quasi sicuramente da “grignole”, termine dialettale astigiano che indica i vinaccioli particolarmente numerosi. La seconda deriva da uve che l’Università di Torino ha confermato essere dirette discendenti del Nebbiolo.
La riscoperta del Nizza da Erede di Chiappone Armando
Daniele ci accoglie in una cascina in cima alla collina San Michele, nata attorno ad un’antica pieve di campagna, assieme a mamma Diliana e papà Franco; qui il tempo sembra essersi fermato, ma non il vivace e intraprendente spirito, e la voglia di fare le cose per bene.
Quella di Daniele e della sua famiglia, come lui stesso ci racconta durante la visita in cantina, è una “viticoltura ragionata”, basata da una parte alla massima salvaguardia dell’ambiente e dall’altra alla massima espressione del vitigno. La volontà è quella di produrre vini di elevatissima qualità e personalità che rispecchino appieno le caratteristiche di tipicità del territorio, con un lavoro meticoloso e tempestivo nella gestione del vigneto e nelle operazioni di vinificazione in cantina.
Franco, Diliana, Daniele e la sorella Michela: sono in 4 a gestire direttamente 12 ettari di superficie vitata, di cui mezzo ettaro è dedicato al raro e prezioso vitigno autoctono piemontese che abbiamo conosciuto da Olim Bauda: il Freisa, egregiamente tutelato da Daniele assieme al Nizza, l’altro fiore all’occhiello dell’azienda Chiappone. A quest’ultimo vino, in particolare, Daniele ha dedicato innumerevoli sforzi carichi di passione e tenacia, fino alla nascita nel 2002 dell’Associazione Produttori del Nizza.
Presieduta oggi da Gianni Bertolino, l’associazione per la valorizzazione del territorio e del vino Nizza vede Daniele Chiappone schierato in prima fila in qualità di vicepresidente. Il tanto ambito riconoscimento della DOCG è giunto nel 2014, segnando un traguardo importante per i 18 comuni che delimitano oggi il territorio del Nizza DOCG.
Il banco degli assaggi
È l’ora di passare alla degustazione, egregiamente supportata dalla farinata e dalla torta di riso ed erbe, tutto di produzione di Franco; e poi salami e formaggi accompagnati dalla marmellata di anguria invernale di Diliana, la quale non ci fa mancare nemmeno il dolce: una squisitamente schietta e genuina torta di nocciole, ça va sans dire.
Il Nizza di Chiappone porta un nome robusto e solido quanto il suo gusto: Ru, che significa quercia. Viene affinato in botti fatte con il legno di questo albero e sprigiona all’olfatto note fruttate e sentori di cacao, mentre travolge il palato con un’esplosione di frutta rossa. La Freisa d’Asti D.O.C. colpisce invece per il suo marcato sentore di fiori ed erbe, seguito da un tocco balsamico e speziato.
Lasciata la dimora di Daniele e della sua famiglia, è il momento di dedicare il naso ad altri profumi… stiamo per conoscere sua maestà il tartufo bianco d’Alba che ci accompagnerà nella nostra cena home made, assieme al Nebbiolo di Mascarello, e per questa specialità vi terremo col fiato sospeso in attesa del prossimo articolo interamente dedicato al raffinato fungo ipogeo, confrontandone le caratteristiche con quelle dei tartufi di altre zone d’Italia.