L’aria pungente che pizzica le guance, la voce piena del torrente alle spalle, il silenzio tutt’intorno, interrotto da un suono in lontananza: sono i 100 rintocchi della Campana dei Caduti Maria Dolens che annunciano solenni le 12, l’ora del nostro arrivo a Rovereto.
Qui, nel cuore della Vallagarina, il tempo scorre lento, soprattutto in questa pigra ma coloratissima domenica di novembre.
L’autunno ha infatti generosamente pennellato la cittadina e i suoi contorni montuosi di rosso carminio, di giallo e delle infinite sfumature dei due colori primari, gli stessi che ritroviamo dominanti all’ingresso della Casa d’Arte Futurista Depero. “Se la pioggia fosse di Bitter Campari”: così recita il testo del cartellone pubblicitario riproposto in versione lignea accanto alla porta dell’unico museo fondato da un futurista – lo stesso Fortunato Depero – nel 1957. E noi, senza alcun indugio, lo prendiamo come un invito!
L’aperitivo nel centro storico di Rovereto
A Rovereto si pranza molto presto, ma la domenica ha i suoi ritmi peculiari e la gente ai tavolini del grazioso bar in piazza Cesare Battisti, nota come piazza del Nettuno, non sembra avvertire l’urgenza di accomodarsi a tavola, non ancora. Il caffè Bontadi è un’istituzione. Prima di tutto, torrefazione dal 1790, la più antica d’Italia, tanto che nel 2016 è stato inaugurato il museo del caffè che comprende circa 300 strumenti per la sua produzione, di ogni epoca.
Per assaporare il loro caffè artigianale passeremo sicuramente più tardi; questa è l’ora delle bollicine di montagna. Ai tavolini all’aperto ordiniamo un Trentodoc dell’Azienda Agricola Balter, molto famosa, appunto, per il suo spumante Metodo Classico prodotto con sole uve trentine. Nelle versioni Riserva e Rosè si assapora una cuvée 80% Pinot nero e 20% Chardonnay, ma con (ovviamente) diverso affinamento: 60 e 24 mesi. Andiamo sul classico, ordinando il Brut, un blanc de blanc che riposa 36 mesi sui lieviti, il quale ci conduce egregiamente verso il pranzo.
La tavola con vista sull’eremo
Per assaporare tutta la tradizione locale, non potevamo non scegliere il Ristorante San Colombano che, dal 1991, accoglie i clienti con tutto il calore di una solida conduzione familiare. I sapori genuini del territorio, qui si sposano con l’innovazione grazie al tocco incisivo ma sempre rispettoso di Mattia Venco, figlio d’arte dei cuochi Giorgio e Daniela che attualmente ha intrapreso la sua strada come personal chef, sotto lo pseudonimo di “Matenco”.
Una generosa composizione di speck accompagna il classico tortèl di patate tiepido, preludio dell’impavida verticale di gusto che ci attende. Balziamo senza indugio sui famosi fregolòti di spinaci saltati alla crema di latte e speck – meglio conosciuti come spätzle, piroettando senza sosta su un altro primo piatto assai tipico, la zuppa d’orzetto. È quindi la volta dei secondi a base di carne, dai guancialetti di vitello rosolati al forno con polenta, allo stufato di manzo al Marzemino d’Isera con polenta di Storo. Gaudio.
Il ristorante si trova a poca distanza dal suggestivo eremo di San Colombano, quindi una visita è d’uopo; lo si raggiunge percorrendo a piedi un breve sentiero ed una scalinata di 102 gradini, scavati direttamente nella roccia. In questa stagione l’eremo è chiuso al pubblico, ma ammirarlo dalla strada si rivela comunque uno spettacolo imperdibile, ve lo garantiamo!
Dalla Serenissima a Mozart, il cuore della città
Torniamo tra le atmosfere veneziane del centro storico di Rovereto, superando il quartiere denominato Santa Maria, affacciato sul torrente Leno. Dal Ponte Forbato la vista è incantevole: sopra di noi, il castello tardo-medievale; accanto, la maestosa Casa dei Turchi ci racconta una storia fatta di sete e commerci che hanno segnato lo sviluppo economico della città tra Tardo Medioevo e Rinascimento. Proseguiamo su via della Terra con i suoi palazzi antichi, la chiesa di San Marco, il bastione Basadonna, oltrepassando piazza Malfatti e giungendo a Palazzo Todeschi, dove Mozart tenne il suo primo concerto italiano. Raggiungiamo quindi piazza Rosmini, dove svetta il palazzo rinascimentale del Ben – Conti d’Arco, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e domicilio dell’Accademia degli Agiati, fondata nel 1750 da cinque giovani intellettuali.
Rovereto, città dei musei
Per gli amanti dell’arte, imperdibile è una visita alla sede centrale del Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto – situata nell’edificio realizzato su progetto dell’architetto ticinese Mario Botta, in collaborazione con l’ingegnere roveretano Giulio Andreolli.
Vi attende una collezione permanente di circa 20.000 opere d’arte che spaziano dall’Ottocento alla contemporaneità, cui si affiancano le mostre temporanee, come quella dedicata a Fortunato Depero che resterà attiva fino a febbraio 2022.
I gioielli storici incastonati tra le vie e le piazze della graziosa Rovereto sono moltissimi, impossibile raccontarli tutti. Se poi ci si affaccia al di fuori dei confini cittadini, scopriamo un territorio punteggiato di mura e bastioni immersi nei vigneti e situati in posizioni strategiche, su entrambi i lati del fiume Adige, che parlano la lingua di una terra di passaggio fra Italia e Mitteleuropa. Un viaggio tra borghi e castelli, pascoli prealpini, campi terrazzati, fino alle cime rocciose delle Piccole Dolomiti, che vale la pena di essere percorso e gustato, e che ci riporta nuovamente a tavola con dell’appetito!
Tavolozze nel piatto, tra Oriente e pesci di montagna
Per la cena, abbiamo optato per un luogo giovane e decisamente informale, ma alquanto meticoloso nella scelta delle materie prime e dei protagonisti della carta dei vini. Gli azzardi, Al Silenzio, non mancano di certo.
Carlotta e suo padre Gianfranco hanno infatti una vena artistica (googlate “cristallarmonio” e capirete!) e un grande amore per i viaggi, che li hanno condotti anni fa a cimentarsi nella creazione del marchio indelebile di questo posto: il Trentin Sushi.
Guarnito con pesci di fiume marinati e affumicati, e affiancato ad ortaggi bio della Valle di Gresta, il Trentin Sushi è sempre degnamente accompagnato in menù da una serie infinita di proposte culinarie che, molto spesso, fondono il Trentino con l’Oriente, mentre altre volte lo lasciano tra le montagne a riposare per fare spazio a contaminazioni che prendono il sopravvento con audacia. Tra le proposte fisse, anche gli hamburger, decisamente non convenzionali: da provare, la versione “Al Silenzio” con vitellone trentino a km 0 e salsa chutney di cipolla, mentre per gli amanti del pesce di lago l’hamburger “Sarca”, farcito con trota e salsa di panna agra, sempre servito con misticanza e pomodorini.