Perdendosi tra le vie della Sicilia è impossibile non rimanere affascinati dalla bellezza e dai colori della frutta martorana.
Ma forse non tutti sanno che questo dolce a base di mandorle e zucchero (o miele), che arricchisce le vetrine delle pasticcerie ormai tutto l’anno, è in realtà tipico del periodo dei morti.
Ogni bambino siciliano, nel corso della sua vita, si sarà sentito chiedere “chi ti purtarru i murticieddi?”
E tra le tante delizie della strenna avrà sicuramente citato questi frutti golosi e colorati, unanimemente conosciuti come frutta martorana.
Le origini della frutta martorana tra storia e leggenda
Scoprire le origini di questa dolce creazione vuol dire fare un viaggio in una dimensione in cui storia e leggenda si intrecciano.
La prima tappa ci riporta all’epoca della dominazione araba.
Con il termine “marzaban” infatti, gli Arabi erano soliti indicare una scatola di legno contenente oggetti di varia natura. Dal pane, alla corrispondenza, fino alla spedizione di dolci.
Ma è nel 1104 che, grazie alla figura della nobildonna Eloisa Martorana, questo dolce si diffonde con l’attuale denominazione.
Fu infatti ad opera sua che venne edificato il terzo monastero benedettino di Palermo, adiacente la Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio da quel momento nota come Chiesa della Martorana.
I racconti di quell’epoca offrono un ritratto di Eloisa come persona estremamente generosa, in particolar modo con i bambini orfani che accoglieva con grande dolcezza.
Attenta anche alla loro educazione, Eloisa decise di premiare i più ubbidienti con un dolce imparato da una donna araba che abitava il convento.
Alla sua morte, le consorelle decisero di portare avanti questa tradizione realizzando, ogni 2 novembre, una cesta contenente frutta martorana.
Questa è solo la prima delle tante storie legate a questo prelibato dolce.
Un’altra, riportata da Maria Oliveri nel suo libro “I segreti del chiostro” narra invece che furono le monache a cimentarsi in questa preparazione.
Pare che, dopo aver ricevuto la notizia di una visita del re di Sicilia Ruggero II, interessato a visitare il giardino del convento, le monache fossero cadute nello sconforto più assoluto.
Era il mese di ottobre, le fioriture erano scarse e occorreva trovare una soluzione per accogliere al meglio il Re.
Il lampo di genio arrivò ad una delle consorelle che propose di realizzare dei dolci a base di mandorle che replicassero al meglio l’aspetto dei frutti.
Tra i rami degli alberi del giardino, i frutti sembravano così veri che oltre a lasciare ammaliati gli occhi del Re stimolarono anche il suo appetito.
Il timore delle monache svanì in fretta. Il Re, oltre ad aver appagato la vista, dopo aver gustato i frutti ne apprezzò anche il sapore.
Fu allora che un cancelliere, vedendo l’espressione compiaciuta del sovrano esclamò “Dovremmo chiamarla pasta reale”!
Qualunque sia la versione che deciderete di abbracciare, la frutta martorana racchiude in sé una componente femminile pregna di significati.
Le forme gentili, il dolce sapore del ricordo e una grande bellezza tutte riconducibili alla straordinaria figura di Eloisa Martorana.