VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL BEL PAESE
Perdersi tra le bellezze d’Italia, senza perdersi il meglio.
feste popolari

Bizzarre tradizioni di Carnevale nei borghi d’Italia

Un viaggio tra i borghi in cui la tradizione del Carnevale si discosta dai festeggiamenti più classici e le maschere intagliate nel legno hanno radici arcaiche.

Quando si pensa alle tradizioni di Carnevale, vengono richiamate alla mente pressoché all’istante le sfarzose maschere di Venezia, la pittoresca battaglia delle arance di Ivrea, oppure i giganti di cartapesta che sfilano per le stradine di Putignano, in Puglia. Ma esistono Carnevali minori sparpagliati nei più reconditi borghi d’Italia, alcuni di questi annoverati tra i più belli del nostro Paese dall’omonima associazione, che non tutti conoscono e che conservano inalterata la tradizione artigianale che accompagna la celebrazione del carnevale. Feste dal sapore antico e dalle radici arcaiche, che spesso poco hanno a che vedere con le maschere che tutti conosciamo e con le sfilate dei carri allegorici scanzonati, ironici, spesso satirici cui siamo abituati.

Per questo abbiamo pensato di redigere una piccola guida ai Carnevali meno conosciuti d’Italia, quelli che meritano un’attenzione particolare perché, assieme al piacere della festa, si può egregiamente abbinare quello della buona tavola e dell’incanto del luogo che li ospita.

Da nord a sud, ecco le 6 tradizioni di Carnevale che hanno catturato la nostra attenzione per la loro particolarità! – prima parte –

 

1. Carnevale di Étroubles, Valle d’Aosta

Definito dall’associazione I Borghi più Belli d’Italia “un museo a cielo aperto” per la presenza di una ventina di opere d’arte disseminate tra vie, piazze e facciate delle case, l’incantevole borgo medievale svetta dai suoi 1270 metri di altitudine nello splendido contesto alpino della valle del Gran San Bernardo. Non solo opere d’arte, dunque, ma anche un tripudio di meraviglie naturali fanno di questo piccolo borgo valdostano una perla di rara bellezza. La piccola stazione sulla Via Francigena, strada che nel Medioevo collegava Canterbury a Roma attraverso il passo del Gran San Bernardo, è stata per secoli un imprescindibile luogo di passaggio e oggi mantiene inalterato tutto il suo fascino, anche grazie alla totale interdizione dei mezzi. Étroubles è la dimostrazione di come la montagna riesca a preservare ancora i suoi borghi dal turismo di massa.

Il suo carnevale, il cosiddetto Carnevale della Comba Frèide, che quest’anno cade il 16 e 17 febbraio, è una rimembranza del passaggio di Napoleone attraverso il Colle del Gran San Bernardo, nel maggio del 1800, durante la campagna d’Italia.

I costumi allegorici che colorano questo sentito evento, le landzette, ricordano infatti quelli delle uniformi dei soldati francesi, confezionati a mano e decorati con pailettes e specchietti, con l’apotropaico compito di allontanare le forze maligne.
A completare queste opere d’artigianato locale, le maschere di legno indossate durante la sfilata. E per far godere anche le papille, non resta che affidarsi alla regina del luogo, la fontina d’alpeggio Dop di Étroubles, da gustare nella classica zuppa servita con pane nero di segala e frumento, un alimento imprescindibile e che, ancora oggi, viene cotto nel forno a legna comunitario una volta l’anno, per essere conservato essiccato.

2. Carnevale di Sauris, Friuli Venezia Giulia

Sauris è una perla alpina costellata da malghe e pascoli, e nota in particolare per il suo prosciutto IGP, oltre che per il fatto che qui si parla ancora una lingua rara e molto particolare, di influenza tedesca.

Il carnevale saurano è uno dei più antichi di tutto l’arco alpino e le sue figure principali sono il Kheirar e il Rölar, che chiamano la gente a raccolta e danno il via alla sfilata del martedì grasso, affiancati dalle maschere belle, scheana schembl, e dalle maschere brutte, schentena schembl. Questa eterna contrapposizione tra belli e brutti è il cuore della tradizione carnevalesca di questo piccolo paese incastonato nel cuore delle Dolomiti Friulane, ed entrambe le tipologie di maschere sono delle vere e proprie opere d’arte realizzate manualmente dagli artigiani locali che si ispirano a quelle originali conservate al Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Tolmezzo.

Vestito di scuro e con la faccia coperta di fuliggine, il Rölar dava avvio alle mascherate facendo per tre volte il giro del paese e avvisando gli abitanti dell’inizio dei festeggiamenti con i suoi rumorosi sonagli (röln), che avevano il compito anche di scacciare gli spiriti maligni. L’affascinante rito ancestrale si conclude con l’arrivo del Kheirar, il re del Carnevale, presso le case degli abitanti, per spazzare il pavimento, a simboleggiare il desiderio di scacciar via l’inverno e propiziarsi l’arrivo della buona stagione.

 

I piatti tipici del borgo

Per assaporare tutta la tradizione della Carnia, dopo averne vissuto intensamente i riti del Carnevale che quest’anno viene celebrato il 18 febbraio, non potrà mancare un tagliere con i formaggi di montagna, su tutti il Montasio DOP, e il meraviglioso prosciutto di Sauris IGP, un crudo leggermente affumicato con legno di faggio, aromatizzato con bacche di ginepro e stagionato per almeno un anno all’interno delle malghe. Un degno seguito di questo tripudio di eccellenze è il frico, una saporita frittata senza uova, talvolta ammorbidita con patate lesse o zucca, i cjarsòns, tortelli ripieni di patate lesse. E ancora la plessirminjostra, una zuppa di fagioli, lardo e carne di maiale, oppure un secondo piatto decisamente importante come il dunkalte, a base di polenta e salsicce cotte nel latte. Per terminare, i dolci tipici del carnevale saurano: i crostoli e i rufioi, dei golosi ravioloni fritti farciti con biscotti secchi, amaretti, mandorle, cacao, cedro candito e pinoli.

 

3. La morte del Carnevale a Santa Fiora, Toscana

Santa Fiora è un grazioso borgo medievale inserito nell’elenco dei Borghi più Belli d’Italia. Non merita una visita solo per il suo carnevale, ma soprattutto per la ricchezza di tradizioni che si sono mantenute inalterate nel tempo, a testimonianza del suo grandioso passato, nonché per il contesto naturale in cui è inserita, perfetta per chi ama il trekking, ma anche per chi desidera trovare un po’ di pace. Santa Fiora sorge su una rupe da cui nasce l’omonimo fiume, sul versante meridionale del Monte Amiata, e la cosa che la rende un borgo toscano decisamente peculiare è la sua struttura divisa tre terzieri: Borgo, Montecatino e Castello. Quest’ultimo è il terziere il più antico, nella cui piazza dominata dai resti delle fortificazioni aldobrandesche sorge il cinquecentesco palazzo dei Conti Sforza Cesarini, che ospita non solo gli uffici comunali, ma anche il Museo delle Miniere di mercurio del Monte Amiata che ripercorre la storia dei minatori e della loro attività di estrazione del cinabro, l’anima di questo borgo per lungo tempo.

Il tradizionale corteo

Ma torniamo al Carnevale che si festeggia nel comune di Santa Fiora, più precisamente a Marroneto. Anche qui i festeggiamenti sono davvero particolarissimi, per nulla legati a stelle filanti, maschere di supereroi o pupazzi di cartapesta: qui si celebra il Carnevale Morto. Il personaggio principale è interpretato da un giovane ben vestito che trascorre il tempo con la sua combriccola di amici, tra i quali il Gaudente. Accanto ai baldi giovani, i gobbi vestiti di stracci logori a rappresenta la parte più umile del popolo.

A questo punto, con tutti schierati, inizia il corteo; la personificazione del Carnevale si sente male, cade a terra agonizzante e, infine, muore. L’amico Gaudente inizia quindi a intonare un accorato “Carnevale non te ne andare”, mentre il prete dà ormai l’estrema unzione. Arriva anche il notaio per leggere il testamento del Carnevale, un concentrato di riferimenti alla vita politica e sociale del paese, dai toni evidentemente satirici. Inizia poi il ballo dei gobbi intorno al povero Carnevale che, sostituito da un fantoccio, viene adagiato in una bara e condotto in una goliardica marcia funebre, prima di essere bruciato nella piazza.

Se tutto questo straziante rituale vi avrà messo dell’appetito, come è prevedibile, allora non fatevi mancare i due piatti più famosi del borgo di Santa Fiora: l’acquacotta e la polenta di castagne.
Da tenere a mente, qualora voleste visitare Santa Fiora in occasione del suo irriverente Carnevale che quest’anno si festeggia il 22 febbraio: qui passa la Strada del Vino Montecucco e dei Sapori D’Amiata, un gustoso itinerario per conoscere i prodotti più tipici di questo territorio, dal Montecucco Doc, passando per il pregiato Olio Extra Vergine d’Oliva Seggiano fino alle castagne del Monte Amiata IGP.

 

Leggi la seconda parte del nostro colorato viaggio tra le più strane tradizioni di Carnevale!